Mi accodo un po' alla rinfusa e in ritardo. Abbiate pazienza. Il tempo è quel che è.
Marina scrive:
<<Non è che sottovaluti la serie dello Sniper, che sicuramente ha dei pregi.
Solo che non sono un’amante di quel tipo di collana, quantomeno leggendo quei pochi libri di genere ho trovato che le "consegne" editoriale generino a volte prodotti prevedibili.>>
Sostanzialmente vero. Con delle eccezioni, però. Inoltre, è un aspetto non sempre negativo, basta che la lettura mantenga le promesse di escapismo, e nel contempo non si appiattisca nel rispetto di convenzioni od offenda l'intelligenza (...del lettore intelligente
). Comunque sia, anche a meno non dispiacerebbe che i paletti della collana fossero più ampi.
E' peraltro vero: la serialità non aiuta la suspense. Difficilmente l'eroe (o l'antieroe, o eroina che sia) crepa. Questo è già uno svantaggio per il thrilling.
In passato c'è stata, a volte, un'eccessiva insistenza nel richiedere dosi abbondanti di violenza, sesso e azione, con la convinzione che siano solo questi i parametri con cui raffrontarsi in edicola. Non credo che tutti gli autori e lettori si ritrovassero appieno in questa scelta. Personalmente, mi trovo a mio agio negli intrecci ad alto ritmo, feroci nelle descrizioni belliche, e con una componente erotica dosata quali quelli proposti da Segretissimo. Nondimeno, come lettore non posso accontentarmi di questo approccio alla spy story. Quindi, anche se mi trovo comunque gratificato dal mio abbonamento a Segretissimo, ancora uno sforzo sulla varietà del pubblicato.
Lasciami aggiungere comunque che, per quanto riguarda gli autori italiani, anche se alcuni cliché (di volta in volta, alcuni) sono rispettati più o meno da tutti, è l'approccio alla spy story avventurosa che cambia da autore ad autore. Ed è proprio in questo differente modo di reagire alle "consegne" del sottogenere che mi sono ritrovato ad apprezzare le capacità degli scrittori di riscoprirsi e di farsi riscoprire. E a divertirmi a leggerli. Senza andare a negare la maggior profondità di altre loro opere. Ma anche senza star troppo a fare paragoni.
<< Poi, chissà perché, ci sarà bisogno di infilarci ‘ste pupattolone banalotte alla Jessica Rabbit, vestite da uno stilista di drag queen>>
ROTLF. Bella questa!
)
In realtà, lo stile di vestiario è più quello delle donne di SAS, che degli altri. A parte qualche simpatico omaggio degli autori a de Villiers.
Per il resto, come ho annotato nel mio articolo "Cara Lady Spia..." è più un problema di copertine, talvolta anche bugiarde oltre che di cattivo gusto.
<<e di una cattiveria così priva di originalità…… Mandamene una in ufficio e ti dimostro che sopravvive due giorni.
Dai, scherzo …… ma non se ne può più, in un consulto informale tra lettrici accanite ti assicuro che quando le suddette vengono falciate da una raffica di mitra o saltano su un kilo di C4, c’è una maligna soddisfazione. >>
Allora vi divertite! Cosa fareste senza di loro...
Tra l'altro, tornando all'aspetto della prevedibilità, è poi la fine che generalmente, se non puntualmente, ste pupattole fanno!
Non è comunque vero che i personaggi femminili di Segretissimo sono sempre così piatti (anche se non sono mai "piatte"
, altrimenti non rispettano le consegne... – mmm, ok, ok, il gioco di parole non è il massimo, ma è ironico verso il pubblico dei maschietti) come si può pensare.
E anche se di bruttone se ne vedono poche, lo confesso, per quel che ho notato le donne fanno spesso più bella figura delle controparti maschili. Aldilà delle apparenze, persino in SAS!
Durante la sua gestione, Sandrone Dazieri ha peraltro fatto entrare in collana personaggi femminili, anche se compatibili con quelle che abbiamo definito "consegne". Per esempio, con il personaggio di Nightshade di Cappi, o di Margot di Mazzoni.
Ti dirò di più, mi piacerebbe che ci fossero più tentativi di proporre anche autrici adatte alla collana (confido che ripropongano la Rambach, Tokyo atomica non era niente male). Soprattuto, sarei curioso di trovarci anche una firma italiana (l'unica è stata quella di Carmen Iarrera, secoli fa).
<<Tornando al grande Alan D., penso che sulla breve distanza abbia fatto cose molto più belle come “Corridore nella pioggia” o i quattro racconti di Scarecrow (tesissimi, grandi personaggi: a me poi quello del ponte è piaciuto da morire). >>
Sì, “Corridore nella pioggia” è un ottimo esempio.
Passo a DiVega, che scrive:
<<Credo di avere letto e commentato tutte le varie interviste pubblicate on-line, ed ora che lo trovo su un forum, non so da che parte cominciare>>
Anche questa?
http://www.thrillermagazine.it/rubriche/453
<<Beh, in effetti io paragonavo il primo libro Campo di fuoco, ad altri suoi capolavori, come Citta Oscura, Kondor o Alla Fine della Notte. Opere che io ritengo di livello superiore, che ciò, sia dovuto al fatto di essere stati precedentemente pubblicati su Segretissimo, potrebbe in effetti essere una scusante, tuttavia mi manca quella sorta di Pathos, che le sue precedenti opere mi avevano lasciato.
Questo ciclo per quanto ottimo, mi sembra più leggero e lo paragonerei a quanto scritto dai vari Lee Child, McNab o Stephen Gunn. >>
Sono d'accordo.
Però anche scrivere romanzi di questo tipo, prettamente evasivi, richiede delle doti rare, se si vuole ottenere un buon risultato. Non è facile tenere il ritmo su più pagine di azione descritta, te l'assicuro (quanto invidio a Stefano (Gunn) la sua capacità in tal senso)! E poi, il plot deve essere costruito con sagacia, senza sfilacciature, ben organizzato.
Poi, chiaramente, è un problema di gusti. Con una chiosa: a me piacciono sia le banane che le mele, le banane più delle mele, ma una buona mela la preferisco ad una cattiva banana. Perdonami la banalità dell'esempio.
<<Come ho scritto in precedenza spero che, L'Eretico, mi riporti algli antichi fasti di un autore che resta comunque, al top della mia personalissima classifica di gradimento.>>
Lo farà. Sulla mia esperienza, sì. Ma ne riparliamo prossimamente, quando la mia recensione a L'Eretico apparirà su FantasyMagazine ve la segnalerò. Sono curioso di sentire la vostra opinione di fedeli e attenti lettori di Altieri.
Ciao,
Fabio